Tutti vogliono trovare distributori e importatori, è l’essenza dell’imprenditoria.
Ma il mondo sta cambiando, ne parliamo ogni singolo giorno e ne vediamo i cambiamenti ad ogni fiera, ad ogni b2b, e ad ogni email inviata senza risposta. (ammettiamolo, il ghosting lo viviamo tutti!)
Dal confronto con i colleghi sento di aziende che li incolpano di non saper fare il loro lavoro: non trovano nuovi importatori, colpa loro. Non riescono ad aumentare le vendite, colpa loro. L’importatore non vende? Colpa sua. L’agente non vende, colpa sua, cambiamolo.
Ci stiamo incolpando a vicenda, ci stiamo dando mazzate e non capiamo che, da qualunque lato la si guardi, il mondo è cambiato.
Che sia la crisi dei consumi? Le guerre? Che siano i vini dealcolati? Che siano i RTD? Possiamo fare una lista, ma più che parlare del problema e di chi sia la colpa, dovremmo forse parlare delle possibili soluzioni.
Oggi lo schema è: produco – trovo l’importatore – spedisco il bancale – lui mi paga – lui vende – io aspetto il riordino.
E poi tutto da capo il più frequentemente possibile e, possibilmente, con un numero di bancali sempre maggiore. Non è più così, o almeno non per tutti.
Se in passato solo (o quasi) gli importatori americani chiedevano una percentuale per il marketing, oggi quella percentuale viene sempre più richiesta anche in Europa. Conosco importatori che per accettare un brand nel portfolio, richiedono un investimento fisso in eventi e promozione.
La modalità di distribuzione è cambiata e forse cambierà ancora.
Molti sperano in una distribuzione di prestigio con l’obiettivo di grandi vendite. Se siamo una cantina piccola/media, non saremo mai il brand che farà fare fatturato. Ergo per cui avremo un peso poco rilevante, giusto?
Quindi:
1. Va cercato il distributore/importatore in target con i nostri obiettivi. Questo eviterà frustrazioni, da entrambe le parti. Ovvio? No, per molte aziende non lo è.
2. Il distributore/importatore deve vendere ed è normale che spinga ciò che vende con più facilità. Se il nostro brand non è di appeal, dobbiamo fare in modo che lo diventi.
Se la distribuzione classica però non funziona, perché non crearsela? Penso alle piccole aziende. Perché non unirsi, condividere la forza vendita e creare un modello di distribuzione più sostenibile?
La vendita è cambiata. Chi produce, oggi deve anche pensare a supportare chi vende o diventare venditore egli stesso. Ci piace? No, ma è così.
E non vale solo per il vino: la stessa cosa sta avvenendo in altri settori, dall’arredo al tessile. Non siamo una mosca bianca, siamo uno dei tanti settori.
Da produttore a distributore? Difficile? Sì, ma necessario. Come? Ad ogni azienda la sua strategia, ma si può.
Serve un passo avanti. Le aziende grandi faranno passi grandi, le piccole passi piccoli ma significativi per l’azienda.
L’alibi del “sono piccolo, non ho risorse, cosa vuoi che faccia” non funziona più.
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